Eventi ordinari

Un grande uomo

Nell’epoca in cui la figura del padre sbiadisce, dopo essere stata attaccata, bruciata sulle barricate e poi lasciata un po’ in disparte, ci sono uomini che ci piace chiamare, con gratitudine, padri. Un padre non è chi ha tutte le risposte, ma chi non smette di farsi domande. Un padre sa ammettere, anche davanti ai propri figli, di aver sbagliato, quando succede; e questo non gli toglie dignità e autorevolezza, anzi. Un padre tiene al bene dei propri figli più che al proprio. Si lascia interrogare, non fa preferenze. Soprattutto, un padre desidera che i figli siano in armonia tra loro, e siano liberi. Nella società senza padri, Zygmunt Bauman è stato un padre.

La sua sociologia è stata potente perché è sempre partita dall’uomo concreto, dalla sua esperienza di vita; per poi tornare, attraverso l’analisi delle condizioni di contesto, alla gente comune, a cui si è sempre sforzato di parlare. Non per ottenere un effimero successo, ma per il profondo senso di responsabilità che lo ha sempre guidato nel suo lavoro intellettuale: proprio questa capacità di stare il rapporto all’esperienza umana è, secondo lui, ciò che più caratterizza la sociologia, che altro non è che una riflessione qualificata sulla nostra comune condizione. Così, è stato quest’uomo ironico e sempre più sottile, che si portava addosso tutto il Novecento – la questione ebraica sorta con il nazismo e vissuta dalla amatissima moglie Janina nel ghetto di Varsavia; la Seconda guerra mondiale e la speranza accesa dal comunismo; la successiva critica alle contraddizioni insanabili di quel sistema, che si è rovesciato nel suo contrario, fino ad accettare, nei primi anni 60, l’esilio inglese; l’esplosione della protesta giovanile e operaia alla fine degli anni 60 – a sapere leggere meglio di chiunque altro il cambiamento di fine secolo, con cui ancora oggi ci troviamo a fare i conti.

Da Avvenire.it

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Un gesto solidale sorprendente

La nostra comunità da sempre ha vissuto la vocazione a realizzare gesti concreti di solidarietà e tradurre operativamente così i principi del vangelo. In questo scorcio di secolo avvertiamo l’urgenza di lavorare nel quotidiano a favore della cultura dell’incontro tanto proclamata e testimoniata da Papa Francesco. Una cultura che supera gli steccati del colore della pelle come anche la fede religiosa. Il bene non ha colore.

Lo scorso anno, con la partecipazione dei parrocchiani, abbiamo donato al Pronto Soccorso di Kibungo Juu- Matongo in Morogoro (Tanzania), villaggio natale del nostro vice-parroco P. Gaspare, un impianto fotovoltaico necessario per le attività di primo soccorso sanitario.

Dopo i fatti del terremoto in Umbria e nelle Marche ci siamo interrogati su come essere presenti in quelle zone martoriate dalla sofferenza e dalla precarietà.

Dopo aver partecipato alla raccolta in denaro promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, abbiamo coinvolto, in questo periodo di avvento, le famiglie della Parrocchia a donare un bene di prima necessita (non alimentare) da consegnare tramite spedizione accompagnata personalmente da nostri volontari alla Caritas della Diocesi di Ascoli Piceno dove svolge il ministero episcopale S. E. Ecc. Mons. Giovanni D’Ercole che abbiamo conosciuto a Cracovia in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. A giorni, con la benedizione del nostro Vescovo Mons. Mario Russotto, i beni raccolti saranno consegnati a destinazione.

E i ragazzi sono stati generosiiii!

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Festa di San Giovanni Bosco 2017

Dedicazione della “Piazza dei Giovani” e benedizione del simulacro commemorativo

«Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati».

Don Bosco - Roma, 10 maggio 1884

 

SABATO 28 GENNAIO

ORE 17:00 - Dedicazione della “Piazzetta dei Giovani” e Benedizione dell’Opera “Senza far rumore” dell’artista Lillo Giuliana. La cerimonia sarà presieduta dal Vescovo S. E. Rev. ma Mons. Mario Russotto.

ORE 18:00 - Santa Messa con omelia

 

LUNEDI’ 30 GENNAIO

ORE 18:00 - Santa Messa con omelia

ORE 19:30 - Veglia di Preghiera in onore di San Giovanni Bosco.

 

MARTEDI’ 31 GENNAIO

ORE 10:30 – Santa Messa con alcune scolaresche della Città

ORE 16:30 -   Processione del simulacro di San Giovanni Bosco

Itinerario: Istituto S. Maria Mazzarello – Via Borremans

Via Messina – Visita alla Casa Circondariale - Via Messina – Parrocchia

ORE 18:00 - Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Rev.ma Mons. Mario Russotto

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Il film di Scorsese «Silence» per i cristiani perseguitati

Silenzio. Anzi, Silence. Sullo schermo della Filmoteca Vaticana il titolo del nuovo film di Martin Scorsese giunge all’improvviso, dopo alcuni rumori che sembrano emergere da una specie di nebbia. Quel titolo vi pone fine all’improvviso, quasi scolpendo nell’ambiente la mancanza di qualsiasi suono. Si capirà alla fine del film il perché, ma intanto il primo effetto – nella saletta dove sono riunite con il regista una sessantina di persone per una proiezione privata dentro le mura leonine della Città del Vaticano (la pellicola uscirà negli Stati Uniti in dicembre e in Italia il 12 gennaio) – è quello di moltiplicarlo, quel silenzio, di renderlo palpabile, quasi respirabile insieme all’aria, tanto è denso di significato e di emozioni. Silenzio fino alla fine. Fino e ben oltre l’ultima inquadratura, dopo quasi due ore e mezzo di proiezione, per tutta la durata dei titoli di coda, che scorrono per sette-otto minuti, scritte bianche su sfondo nero, semplici e asciutti come è lo stile di tutto il film del grande regista americano.

Solo allora, un attimo prima del riaccendersi delle luci, scatterà l’applauso: dapprima discreto, addirittura un po’ incerto. Ma non perché il lavoro non sia piaciuto, quanto perché persino nell’esternazione del gradimento la piccola ma qualificata platea ha come il timore di ferirlo, quel silenzio. E allora l’ovazione finale cresce dagli iniziali toni morbidi a un sempre più convinto battimano con tanto di standing ovation e saluti finali al regista. Gli si avvicina sorridente tra i primi il premio Oscar Paolo Sorrentino (è già la sua presenza in Vaticano, dopo The young Pope, è una notizia). Vanno a congratularsi con lui Vittorio Cecchi Gori e il direttore dell’“Osservatore Romano”, Giovanni Maria Vian. C’è anche il direttore di Tv2000, Paolo Ruffini (qui proponiamo stralcio dell'intervista televisiva).

Molti sono commossi, «un film spiritualmente molto intenso», confida qualcuno. E infatti, al di là del giudizio estetico che lasciamo a chi di dovere, una cosa va detta subito dell’ultimo lavoro cinematografico dell’autore di Taxi driver. Scorsese ha fatto un film coraggioso, controcorrente rispetto alle esigenze di botteghino e molto attuale per le tematiche che lo attraversano. Silence non strizza per niente l’occhio allo spettatore, ma lo tiene inchiodato alla poltrona con il racconto nudo e crudo (ma mai splatter) di una delle tante negazioni della libertà religiosa delle quali la storia del cristianesimo è costellata lungo i secoli. Qui siamo nel ’600 e la vicenda è tratta da un romanzo pubblicato nel 1966 dallo scrittore giapponese Shusaku Endo, che racconta le persecuzioni subite nel Paese del Sol Levante dai cristiani e dai gesuiti dell’epoca.

Papa Francesco, che ha ricevuto in udienza l’artista con la moglie Helen e la figlia Caterina, ha detto di aver letto il libro, di essere contento che Scorsese ne abbia tratto un film e di sperare che esso porti frutto e sia di aiuto a chi soffre per la fede. Un’udienza che ha colpito il regista e la sua famiglia, come egli stesso ha sottolineato introducendo la proiezione della pellicola nella Fimoteca Vaticana, dopo il saluto iniziale di monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione. Si diceva della grande attualità del film. La resa, su questo piano, è notevole, anche se la vicenda è vecchia di quattro secoli. Silence sembra essere, infatti, un “prodotto” del Giubileo della misericordia. «Quante volte devo perdonare il mio fratello che sbaglia?». Padre Rodrigues, uno dei gesuiti del film, pare aver ascoltato e fatto proprie le raccomandazioni del Vangelo più volte ribadite da papa Francesco («in confessionale tanta misericordia») e perdona senza sosta quel personaggio che torna a confessare sempre lo stesso terribile peccato: l’abiura.

Attualità anche dal punto di vista delle persecuzioni. Mentre sullo schermo scorrono le immagini delle terribili torture fisiche e psicologiche inferte con rara ferocia e sadismo ai cristiani giapponesi del ’600, non è possibile non pensare ai cristiani di oggi e di ieri perseguitati a motivo della fede: dal Daesh all’Albania comunista, dalla Corea dell’800 all’ex impero sovietico, dai lager nazisti all’estremo Oriente che oltre al Giappone del XVII secolo annovera tra i casi più eclatanti la Cina, la Nord Corea, il Vietnam e tutto il Sudest asiatico del ’900. Inquadratura dopo inquadratura Scorsese ci fa scendere così, senza retorica, nell’inferno della negazione programmatica di Dio. E il suo sguardo di celluloide individua proprio nel peccatore che impetra con tutte le sue forze il perdono, il filo d’Arianna che da quell’inferno aiuta a uscire anche chi vi si è smarrito. Così il supposto silenzio di Dio di fronte ai carnefici (che dà il titolo al film) alla fine si rivelerà gravido della sua voce. Anzi sarà la condizione imprescindibile per ascoltarla.

Da Avvenire.it

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