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24 maggio: Festa di Maria Ausiliatrice

24 MAGGIO

ORE 19:00

FESTA DI MARIA AUSILIATRICE

«Oh! Maria Ausiliatrice è un terribile patrocinio: terribile per quelli che vogliono opporsi all’opera sua, ma onnipotente per coloro che si tengono sotto il suo manto.

Per essere cari a Maria Ausiliatrice, bisogna onorare il Figlio, e vi indico alcuni mezzi per farlo. Per essere a Lei cari bisogna accostarsi con frequenza ai santi sacramenti, ricevere il più sovente possibile la Santa Comunione e non potendo riceverla, fare le comunioni spirituali; poi ascoltare la Santa Messa, fare visite a Gesù Sacramentato: assistere alla benedizione, compiere opere di carità in onore di Nostro Signore Gesù Cristo perché al Signore piace che si pratichi la carità.

Ella gusta tanto di portarci aiuto!

Maria ama la gioventù e quindi ama e benefica quanti della gioventù si prendono cura.

Maria Ausiliatrice è la taumaturga, è l’operatrice delle grazie e dei miracoli per l’alto potere che ha ricevuto dal suo Divin Figlio».

San Giovanni Bosco

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Recita del Santo Rosario in Chiesa

1-31 MAGGIO

ORE 18:30

 RECITA DEL SANTO ROSARIO IN CHIESA  

«Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Nella sua semplicità e profondità, rimane, anche in questo terzo Millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Essa ben s'inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a «prendere il largo» (« duc in altum! ») per ridire, anzi 'gridare' Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come « la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6), come « traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà».

San Giovanni Paolo II

 

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50 anni di “emozioni”, La neve che «non fa rumore»

Era il 3 febbraio 1971 quando raggiunse il primo posto nella hit parade italiana, la classifica dei dischi più venduti. A distanza di cinquant’anni fa, è rimasto una pietra miliare della musica italiana, non solo di quella che a torto definiamo “leggera”. Parliamo di “Emozioni”, l’album del sodalizio Mogol-Battisti uscito nel dicembre 1970 che contiene brani storici interpretati dall’artista di Poggio Bustone. Dal blues di “Il tempo di morire” a “Fiori rosa fiori di pesco” a “Mi ritorni in mente”, solo per citarne alcuni.

Il brano che dà il titolo all’album, un classico, era uscito nell’ottobre 1970. Sia l’ispirazione della musica sia quella del testo arrivò grazie a viaggi dei due protagonisti, una composizione nata insomma “on the road”. Il momento clou, quello della registrazione, vide tra gli esecutori alcuni di coloro che diventeranno grandi nomi della musica italiana, come Franz Di Cioccio alla batteria e Franco Mussida alla chitarra, co-fondatori di quella Pfm che nascerà proprio nel 1971.

L’inizio del testo di “Emozioni”, è stato detto da più parti, potrebbe inserito a pieno titolo nelle pagine della letteratura. Lo sguardo che segue un airone sul fiume, quel senso di leggerezza che si può quasi definire “felicità”, l’ascolto di «un sottile dispiacere», e ancora lo sguardo che segue il sole che «va a dormire», e quella tristezza «in fondo al cuore» che «come la neve non fa rumore»… Parole che vibrano ancora, infatti, a distanza di mezzo secolo, con la voce di Battisti.

Da Romasette.it

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Francesco: Dante è «profeta di speranza e testimone del desiderio di felicità»

«Profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo». Così Papa Francesco definisce Dante, nella lettera apostolica “Candor lucis aeternae”, pubblicata in occasione del settimo centenario della morte del sommo poeta.  Leggere la Divina Commedia come «un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico, il paradigma di ogni autentico viaggio» verso la felicità, la proposta del Papa, che definisce Dante «profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità». Poeta che anche oggi arricchisce la mente e il cuore di tanti, soprattutto giovani, che accostandosi alla sua poesia avvertono «una sorprendente risonanza», nonostante la lontananza nel tempo e nello spazio.

«L’opera di Dante – scrive il Papa – è parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli». Dante, l’esule per eccellenza, che «riflettendo profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilità, di mobilità continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finché non giunge alla meta». Nascono da qui  due temi fondamentali di tutta l’opera dantesca: «Il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la felicità, data dalla visione dell’Amore che è Dio».

Nella missione profetica di Dante, fa notare Francesco, «si inseriscono anche la denuncia e la critica nei confronti di quei credenti, sia pontefici sia semplici fedeli, che tradiscono l’adesione a Cristo e trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando lo spirito delle Beatitudini e la carità verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza». Ma attraverso le parole di san Pier Damiani, di san Benedetto e di san Pietro, il Poeta, «mentre denuncia la corruzione di alcuni settori della Chiesa, si fa portavoce di un rinnovamento profondo e invoca la Provvidenza perché lo favorisca e lo renda possibile».

Dante «sa leggere in profondità il cuore umano e in tutti, anche nelle figure più abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio per raggiungere una qualche felicità, una pienezza di vita». Così il Papa descrive un’altra cifra di Dante: la capacità di fermarsi ad ascoltare le anime che incontra, facendosi interprete dei loro tormenti o della loro beatitudine: «L’itinerario di Dante è davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e interiore di cambiare la propria vita per poter raggiungere la felicità e così mostrarne la strada a chi si trova, come lui, in una “selva oscura” e ha smarrito “la diritta via”. Si tratta di un cammino non illusorio o utopico ma realistico e possibile, in cui tutti possono inserirsi, perché la misericordia di Dio offre sempre la possibilità di cambiare, di convertirsi, di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicità», precisa Francesco, osservando che molti episodi della Commedia «non solo mostrano l’infinita misericordia di Dio ma confermano che l’essere umano può sempre scegliere, con la sua libertà, quale via seguire e quale sorte meritare».

In questo modo, «Dante si fa paladino della dignità di ogni essere umano e della libertà come condizione fondamentale sia delle scelte di vita sia della stessa fede. Il destino eterno dell’uomo – suggerisce Dante narrandoci le storie di tanti personaggi, illustri o poco conosciuti – dipende dalle sue scelte, dalla sua libertà: anche i gesti quotidiani e apparentemente insignificanti hanno una portata che va oltre il tempo, sono proiettati nella dimensione eterna. Il maggior dono di Dio all’uomo perché possa raggiungere la meta ultima è proprio la libertà, come afferma Beatrice».  Ma la libertà, ci ricorda Alighieri, «non è fine a se stessa, è condizione per ascendere continuamente, e il percorso nei tre regni ci illustra plasticamente proprio questa ascesa, fino a toccare il Cielo, a raggiungere la felicità piena. L’’alto disio’, suscitato dalla libertà, non può estinguersi se non davanti al traguardo, alla visione ultima e alla beatitudine” del Paradiso.

«Un precursore della nostra cultura multimediale, in cui parole e immagini, simboli e suoni, poesia e danza si fondono in un unico messaggio», il ritratto di Dante che campeggia al termine della lettera apostolica. Per Francesco, «Dante non ci chiede, oggi, di essere semplicemente letto, commentato, studiato, analizzato. Il suo umanesimo è ancora valido e attuale e può certamente essere punto di riferimento per quello che vogliamo costruire nel nostro tempo». Di qui la necessità che l’opera di Dante «sia fatta conoscere ancor di più nella maniera più adeguata», non solo nelle aule scolastiche e universitarie, ma anche nella comunità cristiana e tra gli artisti. «In questo particolare momento storico, segnato da molte ombre, da situazioni che degradano l’umanità, da una mancanza di fiducia e di prospettive per il futuro, la figura di Dante, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità, può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino», conclude il Papa: «Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, “l’amor che move il sole e l’altre stelle”». 

Michela Nicolais

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