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Consegna del Padre Nostro alla Comunità

Rito della consegna del Padre Nostro

alla Comunità Cristiana

 18 aprile 2021

(nella celebrazione eucaristica)

«Così dunque pregate voi» (Mt 6,9): alla scuola della preghiera ogni ferita è una benedizione, perché restituisce noi a noi stessi, ma trasfigurati e fecondati dalla grazia di Dio. E nella preghiera le nostre solitudini si popolano di volti sguardi storie, gelosamente custoditi nel sacrario della nostra anima. E lì possiamo ancora intercedere perdonare avvolgere nell’abbraccio rigenerante della grazia… La nostra personale frequentazione dei banchi della preghiera può trasformare le nostre famiglie e le nostre comunità parrocchiali in «autentiche “scuole” di preghiera… Una preghiera intensa, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio» (NMI, 32).

Mons. Mario Russotto

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Consegna del Padre Nostro ai Ragazzi

Rito della consegna del Padre Nostro

ai Ragazzi del Catechismo

 11 aprile 2021

(nella celebrazione eucaristica)

«Insegnaci a pregare» (Lc 11,1); «Così dunque pregate voi» (Mt 6,9): la preghiera è per noi via obbligata e fascinosa per tornare alle sorgenti della nostra fede e del nostro esserci essendo, in quanto discepoli di Gesù, vera famiglia cristiana. La preghiera ci rigenera giorno dopo giorno alla vita della grazia e alla vitalità della testimonianza, perché è ferita e benedizione. Sì, la preghiera, quando si nutre di ascolto della Parola e nell’intimo colloquio con Dio si fa dialogo, scava abissali ferite nel cuore, suscita nuove inquietudini, svuota la mente da ogni presunzione, espropria la creatura della sua volontà per riconsegnarla libera e liberata alla volontà del Padre: «sia fatta la tua volontà come in cielo così anche in terra» (Mt 6,10).

 Mons. Mario Russotto

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«Ritorniamo a sognare»

«La Chiesa… se si disinteressa dei poveri, cessa di essere Chiesa di Gesù e rivive le vecchie tentazioni di trasformarsi in una elite intellettuale o morale». È questa la frase centrale di Ritorniamo a sognare, libro intervista di Papa Francesco, volume che sintetizza il pensiero e l’azione del suo pontificato. Partendo dalla consapevolezza che la crisi causata dalla pandemia cambierà il nostro rapporto con gli altri, con la natura e l’ambiente che ci circonda, Papa Francesco si sofferma anche sulle altre pandemie che colpiscono l’umanità: guerre, rifugiati, fame, cambiamenti climatici. Ma ogni crisi può avere un valore positivo solamente se viene trasformata in un momento di crescita per tutti, di integrazione degli ultimi, degli esclusi da quei beni essenziali che rendono dignitosa l’esistenza. Tre momenti di riflessione vengono individuati e suggeriti dal Pontefice: 1) Vedere, esaminare la manifestazione della pandemia 2) Riflettere su cosa poter fare 3) Agire concretamente.

VEDERE: tanta è la sofferenza cui stiamo assistendo da restare paralizzati come ugualmente tanta è la cultura egoistica in cui siamo immersi da non renderci conto della sofferenza che ci circonda. Rischiamo di essere infettati dal virus dell’indifferenza: indifferenza verso il fratello, verso l’ambiente, il creato che ci circonda e i danni che vi causiamo con il nostro comportamento egoistico. La cultura del possedere, dello sfruttare è uno dei mali peggiori del nostro tempo; pertanto è necessario che nell’umanità «faccia irruzione la fratellanza».

SCEGLIERE: nella scelta di ciò che bisogna fare devono guidarci la Dottrina sociale della Chiesa, la ricerca del bene comune, i principi della solidarietà, della sussidiarietà e della destinazione universale dei beni e un’attenzione privilegiata per i poveri. Pertanto non possono essere condivisi i modelli dei paesi più ricchi che mirano ad una crescita economica continua e che producono sempre maggiori diseguaglianze. «Facciamo parte della creazione, non la possediamo». È necessario orientarsi verso un’economia che non crei solamente profitto ma che sostenga e protegga l’uomo, che corregga le enormi diseguaglianze.

AGIRE: nelle avversità si manifestano le qualità di un popolo; si prende coscienza di avere un destino comune, che nessuno può salvarsi da solo; si scoprono il valore e la necessità della fratellanza e della solidarietà fra le comunità. Pertanto è necessario il dialogo fra le componenti della società al fine di superare il modello economico del libero mercato; il mercato ha bisogno di essere orientato al bene comune. Dobbiamo mirare alla edificazione di uno Stato solidale il cui modello economico consenta ad ogni uomo una via dignitosa (lavoro-casa-istruzione-salute).

Nel quadro tracciato da questi tre verbi, Papa Francesco inserisce altri spunti di riflessione riguardanti la Chiesa e i problemi attuali che la travagliano; le problematiche suscitate dai Sinodi sulla famiglia, sui giovani, sull’Amazzonia per il cui superamento propone il dialogo intenso e continuo; solo così si avrà un «traboccamento» tra le diverse opinioni che porterà ad una sintesi in grado di superare le divergenze per approdare ad una nuova visione comune e condivisa. Un pensiero carico di speranza viene rivolto, infine, ai movimenti spontanei degli ultimi, dei diseredati che nelle periferie delle città si organizzano per sopravvivere e reclamare il loro diritto ad una vita dignitosa, come il movimento dei cartoneros di Buenos Aires. Alla fine della lettura si ha l’impressione di essere stati un pomeriggio ad ascoltare Papa Francesco che ci ha aperto il suo cuore quasi che abbia voluto condividere con ciascuno di noi le sue ansie e le sue speranze e al momento di congedarci ci dica: «Non dimenticarti di pregare per me».

Dott. Dario Vanoli

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Papa Francesco alla Chiesa italiana: «Torniamo a Firenze»

Papa Francesco alla Chiesa italiana: «Torniamo a Firenze»

 

Un appello accorato quello che il 30 gennaio Papa Francesco ha rivolto alla Chiesa italiana in occasione di un’udienza concessa in occasione del 60° anniversario della nascita dell’Ufficio Catechistico Nazionale «strumento indispensabile per il rinnovamento catechetico dopo il Concilio Vaticano II». Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve «tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi e questo processo sarà una vera catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione del cammino da compiere in questo Sinodo. È il momento di riprendere questo processo e di cominciare a camminare».

Una Chiesa popolo di Dio in cammino che si muove insieme, che si fa prossima, che ascolta. Una Chiesa in cui la vera autorità è quella del servizio e che fa proprie, con affettuosa e premurosa condivisione, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce della famiglia umana.

Siamo chiamati ad una nuova responsabilità, da accogliere e vivere con spirito di servizio e gioia, sostenuti da ciò che l’Evangelii gaudium suggerisce con sapienza e profezia all’azione pastorale di tutte le comunità cristiane.

Tornare a Firenze non significa celebrare la memoria di un evento del passato ma l’inizio di un processo che vede protagonista l’intero popolo di Dio, in cui lo stile della sinodalità riveste l’ordinario e il feriale della vita della Chiesa. Una comunità che che riscopre le dimensioni essenziali della propria identità di popolo in piena comunione con papa Francesco.

Quella del 30 gennaio, afferma Papa Francesco, è stata «un’occasione preziosa per fare memoria, rendere grazie dei doni ricevuti e rinnovare lo spirito dell’annuncio». Tre sono i punti che il pontefice suggerisce per organizzare la riflessione della Chiesa italiana, nelle sue molteplici articolazioni, nei prossimi anni: catechesi e kerigma, catechesi e futuro, catechesi e comunità.

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