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Scoperto un “Leonardo” In evidenza

Per gli esperti d’arte, quasi increduli, è una scoperta rarissima. A Parigi, è stato presentato per la prima volta pubblicamente un piccolo disegno a inchiostro di Leonardo da Vinci sul tema del martirio di san Sebastiano, opera giovanile (realizzata verosimilmente fra il 1482 e il 1485) scoperta per caso da un medico della provincia francese che desidera restare anonimo. L’uomo ha ritrovato il disegno fra le carte del padre, che l’avrebbe acquistato presso un libraio. La scoperta risale allo scorso ottobre. Di un valore stimato di 15 milioni di euro, il disegno sembrava destinato alla vendita presso una casa d’aste, ma lo Stato francese ha esercitato il proprio «diritto di prelazione», dichiarando il disegno «tesoro nazionale». Lo Stato avrà adesso 30 mesi di tempo per versare la contropartita milionaria al proprietario. Il disegno proviene quasi certamente da uno dei taccuini di Leonardo, come mostrano anche le dimensioni ridotte: 19,3 cm di altezza e 13 di larghezza. La presentazione è avvenuta presso la casa d’aste Tajan, che aveva chiesto una perizia a vari esperti dell’opera leonardesca, in particolare Carmen Bambach, specialista americana presso il Metropolitan museum of art di New York. Oltre allo stile, tipico di un artista mancino, a permettere l’autentificazione sono state anche due annotazioni sul retro del disegno, realizzate nella tipica «scrittura speculare» (facilmente leggibile tramite uno specchio) spesso impiegata dal genio.

Si tratterebbe dunque del terzo san Sebastiano ritrovato sugli 8 menzionati nel Codex Atlanticus redatto dallo stesso Leonardo. Per il ministero della Cultura francese, il disegno, in ragione anche di due schizzi abbozzati sul retro, rappresenta «un nuovo elemento nella conoscenza dell’evoluzione della composizione fra le serie dei san Sebastiano e delle esperienze scientifiche di Leonardo da Vinci». L’opera, confermano anche vari esperti, offre nuove informazioni sulla riflessione leonardesca sul tema, in vista di un quadro di cui non si sa nulla, neppure se sia mai stato realizzato.

Da Avvenire.it

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“Astro del Ciel” da 200 anni il canto di Natale In evidenza

È stato invitato anche papa Francesco per celebrare in Austria i 200 anni della celebre canzone natalizia Stille Nacht!. L’invito al Pontefice è giunto dal governatore del Land di Salisburgo, Wilfried Haslauer, la terra dove il brano è stato composto fra il 1816 e il 1818. Anche l’arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca, il cardinale Christoph Schönborn, è stato coinvolto, come ha confermato il suo portavoce, Michael Prüller, che però ha parlato di possibilità ridotte di una visita di Bergoglio. Il brano è stato tradotto ed è cantato in più di 300 lingue e dialetti del mondo e ogni anno viene eseguito da due miliardi e mezzo di persone. La canzone è stata inserita anche nel 2012 dall’Unesco nella lista del patrimonio culturale intangibile dell’umanità.

La storia della canzone

Joseph Mohr è un giovane prete di 24 anni quando compone il testo di Stille Nacht! Nasce a Salisburgo nel 1792 ed è ordinato sacerdote nel 1815. Poco dopo l’ordinazione, viene mandato a Mariapfarr im Lungau come cappellano. Ed è qui che scrive le parole della canzone sotto forma di poesia.

La canzone nasce in un contesto politico complesso. Terminate le guerre napoleoniche, l’Europa riceve un nuovo assetto con il Congresso di Vienna. Il Principato arcivescovile di Salisburgo perde la sua indipendenza ed è smembrato: una parte passa nel 1816 alla Baviera, mentre una più consistente all’Austria. Mariapfarr soffre sotto le truppe di occupazione bavaresi. E non è un caso che il testo della quarta strofa di Stille Nacht! esprima un forte desiderio di pace.

Autore della musica è Franz Xaver Gruber, insegnante e organista della chiesa di San Nicola a Oberndorf dove don Mohr viene trasferito. Il maestro racconta il 30 dicembre 1854 nelle sue “Autentiche motivazioni - Nascita del canto di Natale Stille Nacht! Heilige Nacht!”: «Il 24 dicembre 1818 Josef Mohr, allora assistente parrocchiale della nuova chiesa parrocchiale di San Nikolaus ad Oberndorf, consegnò all’organista Franz Gruber (che all’epoca lavorava anche come insegnante presso la scuola di Arnsdorf) il testo di una poesia pregandolo di comporre una melodia adatta ad essere cantata da due voci soliste accompagnate da coro e chitarra». Il 24 dicembre 1818 Gruber consegna la partitura a Mohr. Viene deciso che la canzone sia eseguita durante la Veglia di Natale: don Mohr canta la parte del tenore e accompagna con la chitarra, mentre Gruber esegue la parte del basso. La canzone riceve «grande plauso» da parte della popolazione composta da marinai del sale e costruttori di navi.

Fra gli aneddoti che hanno animato la vita del brano uno è legato alla Grande Guerra. Nel dicembre 1914, come narra il film Joyeux Noël di Christian Carion, le truppe tedesche e quelle britanniche danno vita a un’informale tregua nel territorio belga di Ypres-Saint-Yvon. Quando le truppe prussiane abbandonano in qualche modo le trincee intonando un canto natalizio, l’esercito inglese risponde con lo stesso canto nella propria lingua. Il canto è Stille Nacht! per i tedeschi e Silent night per i soldati della Corona.

Da Avvenire.it

 

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Il film di Scorsese «Silence» per i cristiani perseguitati In evidenza

Silenzio. Anzi, Silence. Sullo schermo della Filmoteca Vaticana il titolo del nuovo film di Martin Scorsese giunge all’improvviso, dopo alcuni rumori che sembrano emergere da una specie di nebbia. Quel titolo vi pone fine all’improvviso, quasi scolpendo nell’ambiente la mancanza di qualsiasi suono. Si capirà alla fine del film il perché, ma intanto il primo effetto – nella saletta dove sono riunite con il regista una sessantina di persone per una proiezione privata dentro le mura leonine della Città del Vaticano (la pellicola uscirà negli Stati Uniti in dicembre e in Italia il 12 gennaio) – è quello di moltiplicarlo, quel silenzio, di renderlo palpabile, quasi respirabile insieme all’aria, tanto è denso di significato e di emozioni. Silenzio fino alla fine. Fino e ben oltre l’ultima inquadratura, dopo quasi due ore e mezzo di proiezione, per tutta la durata dei titoli di coda, che scorrono per sette-otto minuti, scritte bianche su sfondo nero, semplici e asciutti come è lo stile di tutto il film del grande regista americano.

Solo allora, un attimo prima del riaccendersi delle luci, scatterà l’applauso: dapprima discreto, addirittura un po’ incerto. Ma non perché il lavoro non sia piaciuto, quanto perché persino nell’esternazione del gradimento la piccola ma qualificata platea ha come il timore di ferirlo, quel silenzio. E allora l’ovazione finale cresce dagli iniziali toni morbidi a un sempre più convinto battimano con tanto di standing ovation e saluti finali al regista. Gli si avvicina sorridente tra i primi il premio Oscar Paolo Sorrentino (è già la sua presenza in Vaticano, dopo The young Pope, è una notizia). Vanno a congratularsi con lui Vittorio Cecchi Gori e il direttore dell’“Osservatore Romano”, Giovanni Maria Vian. C’è anche il direttore di Tv2000, Paolo Ruffini (qui proponiamo stralcio dell'intervista televisiva).

Molti sono commossi, «un film spiritualmente molto intenso», confida qualcuno. E infatti, al di là del giudizio estetico che lasciamo a chi di dovere, una cosa va detta subito dell’ultimo lavoro cinematografico dell’autore di Taxi driver. Scorsese ha fatto un film coraggioso, controcorrente rispetto alle esigenze di botteghino e molto attuale per le tematiche che lo attraversano. Silence non strizza per niente l’occhio allo spettatore, ma lo tiene inchiodato alla poltrona con il racconto nudo e crudo (ma mai splatter) di una delle tante negazioni della libertà religiosa delle quali la storia del cristianesimo è costellata lungo i secoli. Qui siamo nel ’600 e la vicenda è tratta da un romanzo pubblicato nel 1966 dallo scrittore giapponese Shusaku Endo, che racconta le persecuzioni subite nel Paese del Sol Levante dai cristiani e dai gesuiti dell’epoca.

Papa Francesco, che ha ricevuto in udienza l’artista con la moglie Helen e la figlia Caterina, ha detto di aver letto il libro, di essere contento che Scorsese ne abbia tratto un film e di sperare che esso porti frutto e sia di aiuto a chi soffre per la fede. Un’udienza che ha colpito il regista e la sua famiglia, come egli stesso ha sottolineato introducendo la proiezione della pellicola nella Fimoteca Vaticana, dopo il saluto iniziale di monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione. Si diceva della grande attualità del film. La resa, su questo piano, è notevole, anche se la vicenda è vecchia di quattro secoli. Silence sembra essere, infatti, un “prodotto” del Giubileo della misericordia. «Quante volte devo perdonare il mio fratello che sbaglia?». Padre Rodrigues, uno dei gesuiti del film, pare aver ascoltato e fatto proprie le raccomandazioni del Vangelo più volte ribadite da papa Francesco («in confessionale tanta misericordia») e perdona senza sosta quel personaggio che torna a confessare sempre lo stesso terribile peccato: l’abiura.

Attualità anche dal punto di vista delle persecuzioni. Mentre sullo schermo scorrono le immagini delle terribili torture fisiche e psicologiche inferte con rara ferocia e sadismo ai cristiani giapponesi del ’600, non è possibile non pensare ai cristiani di oggi e di ieri perseguitati a motivo della fede: dal Daesh all’Albania comunista, dalla Corea dell’800 all’ex impero sovietico, dai lager nazisti all’estremo Oriente che oltre al Giappone del XVII secolo annovera tra i casi più eclatanti la Cina, la Nord Corea, il Vietnam e tutto il Sudest asiatico del ’900. Inquadratura dopo inquadratura Scorsese ci fa scendere così, senza retorica, nell’inferno della negazione programmatica di Dio. E il suo sguardo di celluloide individua proprio nel peccatore che impetra con tutte le sue forze il perdono, il filo d’Arianna che da quell’inferno aiuta a uscire anche chi vi si è smarrito. Così il supposto silenzio di Dio di fronte ai carnefici (che dà il titolo al film) alla fine si rivelerà gravido della sua voce. Anzi sarà la condizione imprescindibile per ascoltarla.

Da Avvenire.it

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Firenze 1966 In evidenza

«Firenze ha bisogno del mondo e il mondo ha bisogno di Firenze»

Piero Bargellini, Sindaco

4 novembre 1966

Mentre la terra tremava in Umbria e nelle Marche nei giorni scorsi, il cardinale Gualtiero Bassetti era sotto un architrave nel palazzo vescovile di Perugia. «E in quel momento mi è tornato in mente l’alluvione di Firenze. L’acqua profana e distrugge. Lo stesso fa il terremoto. Oggi come allora c’è paura. Ecco perché bisogna stare vicino alla nostra gente». L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve era in quel novembre del 1966 un giovane prete di 24 anni della Chiesa fiorentina. Il cardinale Ermenegildo Florit lo aveva ordinato sacerdote pochi mesi prima, il 29 giugno, e inviato come cappellano a San Salvi, una parrocchia “rossa” di 10mila anime alla periferia della città. «Ho visto l’acqua dell’Arno che aveva rotto gli argini arrivare a qualche metro d’altezza – confida –, ma anche una meravigliosa gara di solidarietà. In quel quartiere dove il Pci aveva percentuali da primato, non esistevano più né don Camillo, né Peppone. Tutti eravamo fianco a fianco a svuotare gli scantinati, a portare il fango fuori delle case, a recuperare quel poco che era rimasto alla povera gente». L’alluvione fa parte del bagaglio di ricordi di Bassetti. Come anche di altri “angeli del fango” che adesso sono cardinali o vescovi. E sette di loro sono stati venerdì 4 novembre a Firenze nella Basilica di Santa Croce per concelebrare alle 10 la Messa a cinquanta anni dal giorno “simbolo” dell’inondazione: il 4 novembre 1966.

La Santa Messa è stata presieduta dall’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. A concelebrarla gli “angeli del fango” Gualtiero Bassetti, cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Angelo Scola, cardinale arcivescovo di Milano, Luciano Monari, vescovo di Brescia, Luigi Marrucci, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia, Italo Castellani, arcivescovo di Lucca, e Diego Coletti, emerito di Como. Altro “angelo del fango” è stato il vescovo Mansueto Bianchi scomparso lo scorso agosto.

Da Avvenire.it

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