Aperti al Mab
Una sessione plenaria e quattro workshop: si articola così la Giornata inaugurale, il 3 giugno prossimo a Roma, di “Aperti al Mab. Musei archivi biblioteche ecclesiastici”, (#apertialmab), l’Open week che ha l’obiettivo di rilanciare fino al 9 giugno il ruolo svolto da questi istituti culturali sul territorio e nei confronti della comunità. Una settimana nazionale per consentire loro di mostrarsi al pubblico. A promuovere l’iniziativa l’Ufficio nazionale per i beni ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei con l’Associazione musei ecclesiastici italiani (Amei), l’Associazione archivistica ecclesiastica (Aae) e l’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani (Abei).
A inaugurare la Giornata del 3 giugno introducendo la sessione plenaria della mattina, sarà monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei. Federico Badaloni, responsabile aree di Progettazione e grafica della divisione digitale del Gruppo editoriale L’Espresso e relatore della sessione, invita a riflettere sulle sfide della comunicazione attraverso la rete: «Quali dinamiche seguire – si chiede – per meritare la fiducia dei nostri interlocutori?». Di public history parlerà invece Serge Noiret (Istituto universitario europeo), che la definisce uno strumento grazie al quale le diverse comunità possono «valorizzare sul territorio il loro patrimonio culturale, materiale e immateriale, e interrogarsi su quello che definisce le loro identità collettive». Per Paul Weston (Università Pavia e referente progetti archivi e biblioteche Cei), «la questione etica, più che quella squisitamente tecnologica o catalografica», costituisce lo snodo «tra un sistema culturale di qualità, rispettoso dei valori della persona e volto alla trasmissione della conoscenza, e un sistema che, al contrario, distorce la conoscenza e sfrutta le tecnologie per manipolare e controllare gli individui».
Il primo dei workshop in programma è dedicato alla narrazione del patrimonio ed è organizzato con l’Associazione italiana public history; il secondo alla gestione di questo stesso patrimonio, che richiede un accurato inventario, e dei cambiamenti. «Ogni comunità cristiana – avverte monsignor Ernesto Rascato, incaricato Beni culturali della regione ecclesiastica Campania – deve avere consapevolezza e cura dei propri beni storico-artistici», soprattutto nelle operazioni di fusione e/o accorpamenti. A portare un contributo di riflessione sul tema saranno, fra gli altri, Maria Idria Gurgo (Direzione generale Archivi) e Stefania Guzzo (Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio). I due workshop del pomeriggio sono dedicati, rispettivamente, a comunicazione e a valorizzazione, narrazione e pastorale del patrimonio culturale ecclesiastico. Atteso un intervento di monsignor Carlos Azevedo (Pontificio Consiglio della cultura).
Dalle pagine miniate di Padova alle prime lettere dei Papi all’Ordine dei minori di Assisi; dal viaggio nel tempo e nella storia di Nonantola (Modena) alle cinquecentine di Molfetta (Bari) o ai preziosi manoscritti medioevali di Oristano. Così i territori raccontano se stessi. Sulla pagina BeWeb dell’Ufficio Cei un contatore indica che, al 31 maggio, hanno aderito all’iniziativa 285 istituti culturali su tutto il territorio nazionale: 87 musei, 112 archivi e 86 biblioteche, ma il numero continua ad aumentare.
È soddisfatto il direttore dell’Ufficio don Valerio Pennasso, a Mantova per un incontro degli incaricati diocesani della Lombardia. Raggiunto al telefono, porta l’esempio della diocesi lombarda come «modello di sinergia tra istituti, desiderio di essere presenti ed esempio di legame con il territorio. Qui – spiega – la diocesi ha predisposto un evento di partecipazione al quale hanno concorso archivio, biblioteca e museo costruendo insieme un evento per la città». A Mantova, infatti, il museo diocesano Francesco Gonzaga offre ai visitatori la mostra “Aspettando Giulio…” con disegni di Giulio Romano, l’allievo prediletto di Raffaello lì trasferitosi dal 1524 fino alla morte nel 1546; una selezione di documenti della committenza ecclesiastica all’artista e alla sua cerchia provenienti dall’Archivio storico diocesano, nonché due testi del Cinquecento della Biblioteca del Seminario vescovile: il terzo libro dell’architettura di Sebastiano Serlio e un volume di Vitruvio. «I tre istituti – prosegue don Pennasso – collaborano anche con il museo civico cittadino testimoniando l’importanza del legame con il territorio e con la comunità civile. Se si innesca un processo questo procede con passione e determinazione».
Sono 1.684 gli istituti culturali (musei, archivi e biblioteche) registrati all’interno dell’anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici presente su BeWeb. Tra questi si contano 851 archivi (208 diocesani e 643 non diocesani); 545 biblioteche (149 diocesane e 396 non diocesane); 288 musei (205 diocesani e 83 non diocesani).
Da Romasette.it