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Tra cielo e terra

Martedì 24 settembre, alle 18,30, nell’Auditorium del Seminario Vescovile è stato presentato il volume Tra cielo e terra: Eucarestia e sacerdozio nel pensiero di Mons. Giovanni Speciale. L’occasione è legata al 40° anniversario della dedicazione solenne della Cappella Maggiore del Seminario, dopo l’adeguamento liturgico ai nuovi indirizzi dettati dal Concilio, avvenuta il 7 maggio 1979.

Fu proprio Mons. Giovanni Speciale, all’epoca Rettore del Seminario, a pensare e a guidare i lavori con intelligenza e passione credente, con un restauro complesso durato un anno e mezzo per adeguare lo spazio sacro, cuore del Seminario, al nuovo contesto liturgico, pastorale e socio-culturale del dopo-Concilio.

«Un viaggio nel cuore della Cappella Maggiore del Seminario Vescovile che continua ancora oggi a illuminare i passi dei futuri presbiteri, chiamati a seguire il Cristo, Redentore del mondo» è il filo conduttore delineato dal nostro parroco padre Salvatore Rumeo, autore del volume, nel quale, attraverso un percorso storico artistico teologico e spirituale l’Autore rilegge l’«opera perfetta» del maestro Ennio Tesei quale spazio teologico dove si compendia, in modo originale e dinamico, il pensiero di Mons. Giovanni Speciale sull’Eucarestia e sul Sacerdozio.

 

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Pellegrinaggio al Santuario Madonna dei Miracoli

DOMENICA 20 OTTOBRE 2019

PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO

MADONNA DEI MIRACOLI – MUSSOMELI

 

Ore   8.30 - Partenza (Via De Amicis – Panificio Fiorenza)

Ore 10.00 - Celebrazione della Santa Messa           

Ore 12.00 - Colazione a sacco          

 

Nel pomeriggio visita al Castello e alla città di Mussomeli

Il rientro a Caltanissetta è previsto alle 19:00

QUOTA DI PARTECIPAZIONE: € 15,00

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Padre Angelico Lipani è Venerabile

Sarà il Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato della Città del Vaticano e componente della Congregazione delle Cause dei Santi, a presiedere la solenne celebrazione eucaristica in cui sarà ufficialmente consegnato il Decreto di venerabilità di Padre Angelico Lipani, il prossimo 15 ottobre, in Cattedrale alle ore 18.00; Decreto che sarà letto da Mons. Sergio La Pegna, Superiore Generale della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana.

Il Santo Padre Francesco, nell’udienza del 5 luglio 2019 aveva ricevuto il Cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ed ha autorizzato la Congregazione a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Angelico Lipani (al secolo: Vincenzo), sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Fondatore della Congregazione delle Suore Francescane del Signore; nato a Caltanissetta (Italia) il 28 dicembre 1842 e ivi morto il 9 luglio 1920 (Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede del 6 luglio 2019).

È il quarto Servo di Dio espressione della Chiesa nissena che raggiunge il riconoscimento della Venerabilità, dopo Mons. Antonio Augusto Intreccialagli, tre di essi durante l’episcopato di mons. Mario Russotto. “A pochi mesi di distanza dal riconoscimento della Venerabilità di mons. Jacono, un processo iniziato e concluso a tempo di record in meno di dieci anni, e dopo Marianna Amico Roxas, il cui processo è stato seguito e rilanciato, anche per Padre Angelico Lipani, la cui causa si era conclusa a livello diocesano nel 2001 senza ulteriori esiti, siamo riusciti nel 2008 ad avere la validazione dalla Congregazione delle Cause dei Santi, nel 2016 la Positio super vita et virtutibus approvata dai Consultori Storici e nel gennaio di quest’anno dai Consultori Teologici all’unanimità. Sono tre modelli di santità – dice il vescovo -, espressioni di differenti esperienze spirituali ed esistenziali, luci vicine che guidano il nostro cammino di fede in questa porzione del popolo di Dio in cui hanno lasciato il segno della loro testimonianza. In particolare Padre Angelico, con la sua scelta dalla parte degli ultimi, si presenta come una figura profetica per il nostro tempo, in cui vecchie e nuove povertà, materiali e spirituali, si intrecciano dietro la facciata di un apparente benessere interrogando le nostre coscienze ed esigendo da tutti noi risposte di senso nuove ed interventi efficaci”.

Una nota stampa della Curia vescovile di Caltanissetta spiega che “padre Angelico Lipani è in assoluto il primo nisseno che viene dichiarato Venerabile, riconoscimento che pone le premesse per una possibile beatificazione (per la quale sarà necessario un miracolo), proprio nell’anno in cui la sua Congregazione e la Diocesi nissena si apprestano a celebrare il primo centenario della sua morte. La sua vita (1842-1920), che ha accompagnato la nascita e la fondazione della Diocesi, si è svolta in anni difficili, nella Caltanissetta tra ‘800 e ‘900, segnata dall’economia dello zolfo e da grandi povertà materiali e spirituali. Il suo impegno intenso e quotidiano per la promozione degli ultimi lo ha portato a costruire una rete di solidarietà capace di mobilitare le risorse e le coscienze dei nisseni nell’aiuto concreto ai poveri e agli emarginati, fino a fondare nel 1885 una Congregazione di Suore, le Francescane del Signore, intorno al piccolo Santuario del Signore della Città, per assistere ed educare le orfane dei minatori che morivano nelle stragi delle zolfare nissene frequenti in quegli anni. Docente di Latino in Seminario, si adoperava per sostenere agli studi i giovani privi di mezzi che avevano scelto la strada del sacerdozio, per i quali scriveva anche diversi libri di testo, poi pubblicati”.

Intellettuale impegnato, redattore di una rivista “Lo Svegliarino francescano” con la quale richiamava all’impegno le coscienze dei suoi contemporanei, ha ricevuto per tutta la vita la stima e l’affetto di tutti coloro che lo hanno conosciuto, anche non credenti, che gli riconoscevano limpida coerenza di vita e generosità di impegno solidale che ne hanno fatto per decenni una luce viva nella società nissena, religiosa e laica. Animatore di una devozione radicata negli animi del popolo lavoratore, ha costruito intorno alla venerazione del Crocifisso Signore della Città un solido tessuto di preghiera e di riflessione spirituale che ha coinvolto profondamente i lavoratori, da lui costituiti in Congregazione, e i “Fogliamari” (raccoglitori di erbe) che ancora oggi, scalzi, ogni Venerdì Santo portano in processione il simulacro del Cristo della sofferenza per le strade del centro antico. Padre Angelico è stato l’espressione più autentica di quella “Chiesa di popolo” che nella Diocesi di Caltanissetta si è incarnata nell’azione pastorale di tanti Vescovi, sacerdoti e laici impegnati in una quotidianità spirituale nutrita di solidarietà e di attenzione per gli ultimi, in cui anche la devozione popolare viene vissuta come identificazione di una comunità che nella fatica e nella sofferenza continua a rivolgere il suo sguardo verso il cielo, coniugando fede e speranza con un impegno infaticabile di concreta carità.

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Le case dei libri nel cuore del Sahara

A Chinguetti, antica città carovaniera nell’odierna Mauritania, esistono ben sedici biblioteche, piene zeppe di manoscritti antichi e di opere a stampa fino all’800.

Se taluni compositori americani minimalisti come La Monte Young o Terry Riley, Philip Glass o Steve Reich avessero eletto un luogo geografico come fonte d’ispirazione, certamente avrebbero scelto il deserto, con le sue minime e infinite variazioni paragonabili, dunque, alle singole cellule melodico ritmiche di questa musica che irretì più d’una generazione di ascoltatori. Il deserto è ipnotico, e separarsene risulta difficile anche per uno straniero. Ed è proprio questa particolare categoria umana che ha fatto dell’erranza una vocazione o una necessità, ad esserne conquistata, talora perfino risucchiata. La letteratura di viaggio ne è costantemente una prova tangibile, in special modo quella al femminile che ha rivelato fin dagli inizi del XX secolo una sorprendente presenza di donne viaggiatrici lungo le vie carovaniere d’Asia e d’Africa. Lasciamo la capitale costiera della Mauritania, Nouakchott che prima della sua recente fondazione (1959), era poco più di un accampamento di nomadi, in viaggio verso la regione interna dell’Adrar, cuore del Sahara mauritano, per raggiungere, infine, l’antica città carovaniera di Chinguetti. È un percorso lungo e accidentato di quasi cinquecento chilometri, su strade asfaltate e piste di terra battuta. L’anziano autista, esperto del territorio e vestito in classici abiti beduini, ha una guida veloce e sicura. Fermo nel suo sguardo austero ma anche capace qualche volta di sorridere. Per cinque volte al giorno, ovunque si trovi, distende il tappeto sulla terra e comincia a pregare con assoluta devozione. A Nouakchott incontriamo Mohamed Amara, persona affabile e attenta, al quale spieghiamo il nostro progetto, ovvero la realizzazione di un film sulle biblioteche del deserto, sui suoi fedeli conservatori e restauratori. Si tratta di un patrimonio tanto raro e sconosciuto in Occidente quanto inestimabile, ma altresì fortemente soggetto alla corrosione del tempo. Il film, gli spieghiamo, s’intitolerà Libri di sabbia, sebbene il chiaro riferimento a Jorge Luis Borges, non trovi alcun riscontro nella natura del progetto. Lui ne è subito entusiasta. Lo lusinga il fatto che, da presidente dell’associazione dei Sindaci delle antiche città, possa contribuire a dare un nuovo impulso alla conoscenza di tale tesoro di saggezza al di fuori del continente africano. Ci parla inoltre del Giardino d’infanzia, una scuola materna creata dall’associazione Giovanni Lorenzin che ospita fino a 400 bambini nomadi e che è un suo vanto. Accettiamo così la sua ospitalità a Chinguetti. Al nostro arrivo, infatti, troviamo Tourad, il custode, ad attenderci.

L’incontro con questa città, fondata nel 1264 nel cuore del Sahara, ha in sé qualcosa di meraviglioso. Abbagliati dal colore della sabbia, di un giallo intenso quasi rosso e dall’effetto cromatico degli abiti tradizionali femminili di un azzurro carico a cui fanno da contraltare i colori delle case, «colori senza mezza tinta, senza ironia » come scriveva Pier Paolo Pasolini in una poesia dal titolo Guinea, 1964, pallidi per via della polvere e del vento che solleva la sabbia in piccoli e grandi cumuli piramidali, giungiamo nel luogo di congiunzione tra la città vecchia e quella nuova, (non si creda che quest’ultima si distingua di molto dalla prima), ossia uno wadi, grande letto di sabbia, attraversato ogni giorno da uomini, donne, bambini, animali (capre e dromedari) e automobili (vecchie Mercedes sbrindellate o fuoristrada tipo pick-up). Talvolta sono, invece, alcune figure isolate provenienti dal nulla, a darci la misura della nostra solitudine. C’è anche un campetto di calcio con una porta un po’ sbilenca dove si incontrano tutti i ragazzi intorno a un pallone colorato, dove un dromedario cui hanno legato le zampe, aspetta che il padrone lo venga a liberare. La casa del sindaco Amara, rivolta verso il wadi, è certamente tra le più belle, punteggiata com’è di cespugli di bougainville, angoli panoramici e una fontana alimentata da un canale lungo l’intero perimetro del giardino. Percorrere al tramonto quest’ampia distesa di sabbia rinserrata tra due nuclei urbani della medesima sostanza pietrosa e il deserto di dune appena a qualche decina di metri, che ci attende, sempre identico a se stesso eppure così mutevole dall’inizio dei tempi, è come trovarsi di fronte ad un interrogativo universale: l’orizzontalità del deserto verso la pienezza del nulla oppure la verticalità urbana rappresentata dal minareto turrito della grande moschea, (modello di tutti i minareti mauritani del Sahara), dunque verso le stratificazioni del tempo della storia.

A Chinguetti esistono ben sedici biblioteche di cui la più importante è la Biblioteca Habott, dal nome di un erudito Sidi Ouid Mohamed Habott che tra queste mura fondò la biblioteca nel secolo XIX e successivamente arricchendola di nuove opere fino a raggiungere un numero di 1.400 esemplari. Situata nei pressi della grande moschea, al centro della medina, vi si accede attraverso una porticina di legno oltre la quale ci attende un signore alto e allampanato, che con aria severa ci invita a seguirlo all’interno di una specie di antro in terra battuta dove sono disposti alcuni armadi pieni zeppi di manoscritti antichi risalenti fino al Trecento e di opere a stampa fino al Sette-Ottocento, suddivisi per discipline: teologia, matematica e geometria, poesia e diritto. La città fu per molti secoli luogo di filosofi, poeti, scienziati e indovini, una sorta di enclave illuminata nel cuore del Sahara. Oggi ciò che vediamo è un luogo labirintico di pura meraviglia, quasi del tutto svuotato dei suoi abitanti (almeno per ciò che riguarda la città vecchia), divorato dal sole e dalle sabbie. L’uomo è ritto in piedi davanti a un tavolino sul quale ha disposto le opere più preziose affinché possiamo ammirarle in tutta la loro bellezza e fragilità. Il suo rispetto per quei libri è tale da sfiorarli e toccarli non a mani nude ma con dei guanti bianchi, come in un rituale che si è ripetuto molte volte con altri viaggiatori sensibili alle culture sommerse o con il gruppo di studiosi italiani dell’ex Centro di catalogazione e restauro di Villa Manin di Passariano che dieci anni or sono cominciarono un’ammirevole opera di restauro.

Per incontrare colui che nell’Adrar ha raccolto facendola propria l’esperienza del restauro dei manoscritti, abbiamo dovuto lasciare a malincuore Chinguetti, spostandoci verso oriente alla volta di Ouadane, un’altra importante città carovaniera, fondata nel 1142 da tre famiglie di notabili le cui tracce sono ancora visibili in ciò che resta delle loro abitazioni nell’antica città fortificata di Ouadane in rovina. Costruita interamente in pietra arenaria a secco su di uno sperone roccioso che fronteggia il deserto qua e là attraversato da piccole oasi, oggi appare come una sorta di Ercolano del Sahara. Visitarla sotto il sole pomeridiano in compagnia di Sidahmed Haba, giovane rampollo di una ricca famiglia berbera, seguendo polverosi e intricati sentieri, significa smarrirsi per un po’ di tempo nella solennità di un paesaggio in cui ogni elemento è integrato: il deserto la città l’uomo, in un solo calco che ha il colore della pietra arenaria di queste montagne. Finalmente riusciamo a incontrare Abdellahi Lebatt, un giovane che affronta ogni giorno il difficile compito di mettere scientificamente in salvo un patrimonio cartaceo inestimabile. Di lui colpisce l’espressione di grande serenità e di calma quando ci mostra l’intero procedimento del restauro conservativo, dall’arrivo del volume nel laboratorio fino alla consegna al proprietario. I suoi gesti rivelano sicurezza ma anche una profonda umiltà come quando dice che i libri sono la sua vita. Laddove tutt’intorno vi è semplicemente il deserto, in questo luogo polveroso e dimenticato di una periferia immaginaria, c’è un uomo che ha trovato nella parola scritta su antichi fogli il significato dell’esistenza. Ritorniamo a Chinguetti più per nostalgia che per necessità. I suoi silenzi e le sue figure come presenze lontane nel tempo, ma anche l’abbraccio dolce e mortale con il deserto ci stordiscono. Mentre il deserto con procedere lento e inesorabile ricopre la città, le sue strade, le porte delle case, e le termiti divorano i libri, tonnellate di spazzatura dalla città degli uomini portate dal vento si accumulano sulla soffice coltre desertica. Da lontano sembrano pulviscoli giunti da chissà dove, forse da un altro pianeta, ma basta chiudere gli occhi per ritrovarsi in un altrove necessario da cui a fatica riusciamo a separarci.

Da Avvenire. it

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