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Vi racconto come morì Papa Luciani In evidenza

Alla sua morte il mondo rimase incredulo e seguirono ipotesi complottiste e “noir”. Ora il libro della vaticanista ed editorialista di «Avvenire» Stefania Falsaca, «Papa Luciani. Cronaca di una morte» in uscita da Piemme (pagine 252, euro 17, prefazione del segretario di Stato cardinale Pietro Parolin) fa chiarezza: «È tempo di riavvolgere il nastro della storia. Per ricominciare da lì, dalla fine. Da quegli ultimi stralci di vita in quella sera del 28 settembre 1978». Ecco un brano dell’interrogatorio di suor Margherita Marin, fra le prime a vedere il papa morto, teste ascoltata, su indicazione della Postulazione della Causa di canonizzazione, a Trento il 12 maggio 2009. Il documento integrale, insieme a numerosi altri che fanno definitiva chiarezza sulla morte di papa Luciani, sono pubblicati nel libro di Stefania Falasca.

Può dire a che ora, come e chi rinvenne il decesso del Papa?

«Verso le 5.15 di quel mattino, come ogni mattino, suor Vincenza aveva lasciato una tazzina di caffè per il Santo Padre in sacrestia subito fuori dell’appartamento del papa, davanti alla cappellina. Il Santo Padre uscendo dalla sua stanza era solito prendere il caffè in sacrestia prima di entrare nella cappella a pregare. Quella mattina però il caffè rimase lì. Passati circa dieci minuti, suor Vincenza disse: «Non è ancora uscito? Ma come mai?». Io ero lì in corridoio. Così ho visto che ha bussato una volta, ha bussato di nuovo, non ha risposto... Ancora silenzio, allora ha aperto la porta e poi è entrata. Io ero lì e mentre lei entrava rimasi fuori. Sentii che disse: “Santità, lei non dovrebbe fare di questi scherzi con me”. Poi mi chiamò uscendo scioccata, entrai allora subito anch’io insieme a lei e lo vidi. Il Santo Padre era nel suo letto, la luce per leggere sopra la spalliera accesa. Stava con i suoi due cuscini dietro la schiena che lo tenevano un po’ sollevato, le gambe distese, le braccia sopra le lenzuola, in pigiama, e tra le mani, appoggiate sul petto, stringeva alcuni fogli dattiloscritti, la testa era girata un po’ verso destra con un leggero sorriso, gli occhiali messi sul naso, gli occhi semichiusi... sembrava proprio che dormisse. Toccai le sue mani, erano fredde, vidi e mi colpirono le unghie un po’ scure».

Da Avvenire.it

 

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