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Il Giubileo straordinario della Misericordia In evidenza

«Si apre davanti a noi la Porta Santa: è Cristo stesso che, attraverso il ministero della Chiesa, ci introduce nel consolante mistero dell’amore di Dio, amore senza misura che abbraccia l’umanità intera». Le parole del diacono, davanti alla Porta Santa di San Pietro ancora chiusa, hanno segnato il momento di inizio, per Roma e per il mondo intero, del Giubileo straordinario della Misericordia. Parole alle quali si è aggiunta, subito dopo, l’orazione del Papa, prima dell’apertura della Porta Santa.

O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, donaci di vivere un anno di grazia, tempo propizio per amare te e i fratelli nella gioia del Vangelo. Continua a effondere su di noi il tuo Santo Spirito, affinché non ci stanchiamo di rivolgere con fiducia lo sguardo a colui che abbiamo trafitto, il tuo Figlio fatto uomo, volto splendente della tua infinita misericordia, rifugio sicuro per tutti noi peccatori, bisognosi di perdono e di pace, della verità che libera e salva. Egli è la Porta, attraverso la quale veniamo te, sorgente inesauribile di consolazione per tutti, bellezza che non conosce tramonto, gioia perfetta nella vita senza fine.

Sono espressioni in cui si è ritrovato lo spirito profondo del periodo di Grazia cominciato con il «prologo» dell’apertura della Porta Santa della Cattedrale di Bangui, nel cuore dell’Africa. Il rito è stato inserito nella Messa che Francesco ha presieduto in piazza San Pietro a partire dalle 9,30 con la presenza anche del papa emerito Benedetto XVI.

Quindi il Pontefice, in silenzio, aprendo la Porta Santa e sostando in preghiera sulla soglia è entrato da solo nella Basilica, seguito da Benedetto XVI, i concelebranti e da alcuni rappresentanti di religiosi e fedeli laici, e si è diretto verso l’Altare della Confessione, mentre la schola della Cappella Sistina intonava l’Inno del Giubileo. Infine, completata la prima processione giubilare attraverso la Porta Santa, papa Bergoglio ha svolto sulla tomba di Pietro, il rito conclusivo della Messa impartendo la sua benedizione, per poi raggiungere la finestra del suo studio e affacciarsi a mezzogiorno per la recita dell’Angelus.

Numerosi segni hanno accompagnato le diverse fasi della celebrazione. Innanzitutto non bisogna dimenticare che il Pontefice ha scelto di aprire il Giubileo straordinario della misericordia l’8 dicembre, perché, oltre alla coincidenza con la solennità dell’Immacolata, ricorrono anche i 50 anni dalla fine del Concilio Vaticano II. Per questo la liturgia è stata introdotta dalla lettura di alcuni brani delle quattro Costituzioni conciliari (Dei Verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum concilium e Gaudium et spes), e da due brani rispettivamente di Unitatis redintegratio sull’ecumenismo e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. L’eredità del Concilio è stata inoltre simboleggiata da una «presenza» speciale: sullo stesso tronetto sul quale, durante tutte le sessioni di lavoro di 50 anni fa, veniva poggiato l’Evangeliario è stato collocato quello appositamente preparato per l’Anno Santo dall’artista gesuita, padre Marco Ivan Rupnik.

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